Vi porto la prova storica con l’esito degli esami di maturità. L’insegnante di matematica che mi interrogava aveva 65 anni. Troppo vecchia per aver chiarite le integrali, pensai, in dissenso con lei, gettando la biro sul tavolo. Passai con quattro sei nelle materie scientifiche e quattro otto nelle umanistiche. In effetti non ero maturo, ma tutt’altro che appena sufficiente nelle scientifiche. La nemesi storica mi porta alla soglia dei diciott’anni vissuti nel secondo millennio d.C per riconoscere il filo linguistico del secondo millennio a.C..
Oggi ricordo don Giovanni Dan, morto nella notte del 4 febbraio[1].
È passato al Padre ricco di anni, giornalismo e di barzellette, come lo ricordava Dino Da Ros, stamani al bar Magnolia di Susy[2].
Io lo ricordo come direttore del settimanale diocesano vittoriese L’Azione (che resse dal ’65 al ’90). Sono certo che apprezzerà di venir celebrato come barzellettiere. Ed anche, a mio modo, con l’espressione ‘-din don dàn- non –korbàn-’[3]. Purchè chiarita!
Io mi considero un pioniere dell’archeologia del linguaggio (Gesù perdona l’ardire!).
Navigo come l’Ulisse di Dante per acque ‘inesplorate’. Raccolgo i lasciti dell’archeologia della pietra per cogliere il senso smarrito dalle parole. De Saussure[4], che dichiarò perduti i significati antichi, fu un vero campione di non senso, che condusse Colin Renfrew a separare Archeologia e linguaggio[5] e Klaus Schmidt a scoprire templi[6] rifiutandosi di capirne alcunchè.
Il vangelo ‘6.02.18’, Marco, 7, 8-13, recita Korbàn, offerta sacra[7].
Il sintagma [din don dan non korbàn] può venir significato in zumero, previo il riconoscimento del ‘non’, qui ambiguo, in italiano < latino < zumero.
Lo Zingarelli 2018 recita: non /non/ [lat. non, da *ne oinu(m) ‘non uno’, sec. XII avv].
La prima parte del filo (italiano-latino) è chiarita. Bisogna togliere la seconda (latino-zumero) dall’alienazione!
In prima approssimazione riconosciamo ‘immagine = nu’:
nu
image, likeness, picture, figurine, statue [NU archaic frequency].
nu-a v., to lack, be without (‘not + nominative’)[8].
In seconda battuta evitiamo di identificare il grafo nu con la pronuncia nu. Piuttosto, pronunciamo niu per evocare la realtà fonetica storica. In terza battuta, accettiamo la lettura circolare del zumero, ed emerge u.niu. Pari al oinu de lo Zingarelli, l’uno.
Resta da chiarire a chi spetti il potere della negazione dell’Uno, ‘ne oinu’. Nella città tutto il potere sta nelle mani del principe, nun, e degli dèi tradotti dai sacerdoti. Dunque, i sudditi restano esclusi:
nun
n., prince, noble, master (ni2, ‘fear, respect’, + un, ‘people’ ?) [NUN archaic frequency].
v., to rise up (n, ‘to be high’, + u5, ‘to mount; to be on of; raised high).
adj., great, noble, fine, deep[9].
nun-e
adv., princely (‘prince’+ locative terminative e [cuore nds[10]].
(d) nun-gal (-e-ne)
the great gods; the gods of heaven (Akkadian Igigi, perhaps [e forse non] i2, ‘five’ + gi3[DIS]+ gi3[DIS] = ‘the seven, the innumerabile’) (‘prince’ + ‘great’ + plural)[11].
Fin qua siamo nella luce.
Adesso, andiamo oltre l’anno! I Zumeri dovettero spiegare il permanere dell’immagine nei nuovi nati oltre l’anno, che poteva essere la fine di tutto.
Dopo nove mesi di gestazione il parto rompeva l’uovo della vita. Coniugava il potere, nun, con la morte, uz, ed era la nascita-rinascita dell’umano [e della natura dopo l’inverno nun-uz]:
nunuz, nunus
egg(s), offspring; female; woman (cf., na4-nunuz) (reduplicated nuz, ‘egg’) [NUNUZ archaic frequency][12].
Leggo in zumero kur-ban –Aldilà-Cielo-:
kur
n., mountain; highland; (foreign) land or country; the netherworld; the east; short side; of rectangular field inscribed on round tablet (ki, ‘place’, + ur3, ‘roof, mountain pass’/ur2, ‘root, base’; cf., Orel & Stolbova #1504, *kur- “mountain”, #1552, *kar- ‘mountain’ [KUR archaic frequency].
v., to reach, attain; to kindle; to rise (sun)[13].
ban
(cf., pana [14]- pana, pan, ban
bow (pa, ‘branch’, + na4, ‘pebble, stone’) [BAN archaic frequency][15].
an-pa
zenith (‘sky’+ ‘branch’ of sun dial ?)[16].
pap, pab, pa4
elder/eldest; father; brother; man; leader [PAP archaic frequency: 501][17].
Adesso, sciogliamo la connessione ambigua ‘-din don dàn- non –korbàn-’.
-Korbàn, offerta sacra- non è nel 90% degli italiani, che non riconoscono il sacro, ed i rintocchi delle campane suonano a vuoto o con fastidio; però mi seguano se vogliono cogliere il senso linguistico dei rintocchi. Agli altri narro lineare[18]:
Din don dan, etimo.
Con -din, don, dan-: milioni (di cristiani) hanno ricevuto rintocchi di campane[19].
Possono essere grafi celanti tante cose in zumero, lingua perduta dai sumerologi?
Partiamo da ‘don’ uguale a zumero dun.
DUN
dun, du24; tun, tu10; tun2, tu11
n., heaping up, accumulating (cf., ku3-dun, ‘profit’).
v., to heap, pile up; to scrape, dig (a field, furrow, hole); to strike, smite; to open; to dig out the sides or bottom of a canal to create extra water capacity (to move + to raise high; cf., dul(6).[20]
dun
n., ward, pupil, subordinate[21].
dun (4)
n., warp [ordito] (threads on the frame of weaving loom); to weave [tessere] (to move + to raise high)[22].
(lu2) DUN-a
dependent (on), subordinate (‘subordinate’ + nominative)[23].
Vi ho proposto quattro sintagmi per non suscitar equivoci già col primo, un punto di accumulazione che potremmo identificare come il punto assoluto.
Il quarto sintagma è una diade che chiarisce: -a è sotto padrone, dun.
DUN è il potere di vita e di morte sugli abitanti di una città: pilpotis in veneto.
DUN è il potere assoluto.
DIN
Din è sentiero, mascherato via lcz come in-di (‘corrente-divinità’):
in-di path; way of life; shade (i3, ‘impersonal verbal conjugation prefix’, + 3rd person animate pronominal element + ‘to conduct oneself’; to go’; cf., he(2)-en-du (-du); ki-in-du)[24].
Con crasi in din:
din
(cf., tin) [25].
tin
n., life; health, vigor; wine [TIN archaic frequency].
v., to cure; to be healthy; to live [26].
È notoria tra i sumerologi dingir:
digir, dingir
god, deity; determinative for divine beings (di, ‘decision’, + gar, ‘to deliver’ –meglio: di, dio, gir, ‘fuoco, luce, g, andare, via, -ir’ e di, dio, in, entra, gir, fuoco andare; il dio può andare senza entrare ad indeizzare, digir, e può andare dentro nell’animizzato per portare il suo me, la sua parola)[27].
Digir = ‘divinità esterna all’animizzato’. Dingir = ‘divinità corrente nell’animizzato’.
Il vento tu15 + ponte [tra l’animizzante e l’animato]: è il sacerdote pontefice.
tu15…dirig
(cf., ni2…dirig)[28].
dirig, diri, dir [SI.A]
n., bridge [29]
NID è simmetrico a DIN. Qua incontriamo uno iato … come l’iniziale[30]: ni…dar.
ni2…dar
to be fearful (‘self; fear’ + ’slice, shatter’ –immagine nds-)[31].
Paura, che completerebbe con nin, ‘terrore’, giro di ni, comprovato da nin.nu.am, cinquantesimo nome di Marduck: ‘-che venga-am l’unonu terrorenin-.
C’era, un tempo, terrore di ogni potere a partire da quello degli dèi:
ni2-digir (-/ak/)
the fear of god (‘fear’ + genitive)[32].
Oggi non c’è terror di Dio. Si potrebbe, almeno, riconoscere ponte, dirig, simmetrico a divinità, digir:
ni2 [IM]…dirig
to sail (‘self’ + ‘to float over’; ni2 reading from Aster, Sumerian Proverbs)[33].
Questo riconoscimento di-rig//di-gir aiuterebbe ad individuare di = divinità, nonché:
ni2-bi (-a)
(by) itself; by their collective self, themselves, on their own accord, spontaneously (cf., tesh2-bi) (‘self’ + ‘its’ + locative)[34].
ni2-ba
by myself; by their collective self, themselves; on their own accord; spontaneously (‘self’ + bi, ‘its’ + a, locative)[35].
nib
cheetah; leopard (ni2, ‘fear, respect’ + ib2, ‘to be angry’ [alt.: ni-bi, ‘paura vera’ letto nib, dove –bi, possessive suffix, ‘its’, ‘their’ […][36].
nibruki
the city of Nippur (Akkadian neberu, ‘crossing, ford; ferry(boat)[37].
DAN
dan3; dan2; dan4; dan6
to be(come) clear, pure; to launder, bleach[38].
[1] http://www.trevisotoday.it/cronaca/addio-don-giovanni-dan-azione-vittorio-veneto-5-febbraio-2018.html
[2] In piazza Duomo dove faccio colazione alle sette.
[3] Da Lassù.
[4] sintagma s.m., [dal gr. suntagma , propriamente –composizione, ordinamento-, der. di –ordinare-. Termine introdotto in linguistica da F. de Saussure (1857-1913) per indicare qualsiasi segno in quanto sia costituito da una successione di unità lessicali e grammaticali minori. Nell’uso attuale, unità sintattica di varia complessità e autonomia, di livello intermedio tra la parola e la frase, per esempio, a casa, di corsa, contare su [qualcuno]; in partic., con riferimento alla categoria grammaticale: s. nominale, verbale, aggettivale, proposizionale. Si usa chiamare s. cristallizzato , in linguistica, un sintagma formato non dalla libera unione di due morfemi (come potrebbe essere, ad esempio, la frase un incontro inatteso) ma fissatosi stabilmente in una determinata forma della lingua, e ripetuto quasi passivamente da chi parla o scrive (per es.: un imbarazzante silenzio, un viaggio di piacere, in un raptus di follia, ecc.); è detto anche stereotipo (s.m.). Vocabolario della Lingua Italiana, Istituto della Enciclopedia Italiana fondato da Giovanni Treccani, Roma 1994.
[5] Roma-Bari, Laterza, 1999.
[6] Klaus Schmidt, Costruirono i primi templi, 7000 anni prima delle piramidi, Genova, Oltre edizioni, luglio 2011.
[7] Se uno dichiara al padre o alla madre: è Korbàn, cioè offerta sacra, quello che ti sarebbe dovuto da me,
non gli permettete più di fare nulla per il padre e la madre,
annullando così la parola di Dio con la tradizione che avete tramandato voi. E di cose simili ne fate molte».
[8] Halloran: 208-209.
[9] John Alan Halloran, Sumerian lexicon, Los Angeles, Logogram Publishing, 2006: 212.
[10] John Alan Halloran, Sumerian lexicon, Los Angeles, Logogram Publishing, 2006: 212.
[11] John Alan Halloran, Sumerian lexicon, Los Angeles, Logogram Publishing, 2006: 212.
[12] John Alan Halloran, Sumerian lexicon, Los Angeles, Logogram Publishing, 2006: 212.
[13]John Alan Halloran, Sumerian lexicon, Los Angeles, Logogram Publishing, 2006 : 151.
[14]John Alan Halloran, Sumerian lexicon, Los Angeles, Logogram Publishing, 2006 : 29.
[15]John Alan Halloran, Sumerian lexicon, Los Angeles, Logogram Publishing, 2006 : 214.
[16]John Alan Halloran, Sumerian lexicon, Los Angeles, Logogram Publishing, 2006 : 20.
[17]John Alan Halloran, Sumerian lexicon, Los Angeles, Logogram Publishing, 2006 : 214.
[18] Ripeto il già scritto
[19] Che scassano i non credenti che, invece, vorrebbero dormire.
[20] John Alan Halloran, Sumerian lexicon, Los Angeles, Logogram Publishing, 2006: 51.
[21] John Alan Halloran, Sumerian lexicon, Los Angeles, Logogram Publishing, 2006: 51.
[22] John Alan Halloran, Sumerian lexicon, Los Angeles, Logogram Publishing, 2006: 51.
[23] John Alan Halloran, Sumerian lexicon, Los Angeles, Logogram Publishing, 2006: 51.
[24]John Alan Halloran, Sumerian lexicon, Los Angeles, Logogram Publishing, 2006: 127.
[25] John Alan Halloran, Sumerian lexicon, Los Angeles, Logogram Publishing, 2006: 45.
[26] John Alan Halloran, Sumerian lexicon, Los Angeles, Logogram Publishing, 2006: 277.
[27]John Alan Halloran, Sumerian lexicon, Los Angeles, Logogram Publishing, 2006 : 43.
[28]John Alan Halloran, Sumerian lexicon, Los Angeles, Logogram Publishing, 2006 : 278.
[29] John Alan Halloran, Sumerian lexicon, Los Angeles, Logogram Publishing, 2006 : 43.
[30] Per…dono.
[31] John Alan Halloran, Sumerian lexicon, Los Angeles, Logogram Publishing, 2006 : 195.
[32] John Alan Halloran, Sumerian lexicon, Los Angeles, Logogram Publishing, 2006 : 195.
[33] John Alan Halloran, Sumerian lexicon, Los Angeles, Logogram Publishing, 2006 : 195.
[34] John Alan Halloran, Sumerian lexicon, Los Angeles, Logogram Publishing, 2006: 195.
[35] John Alan Halloran, Sumerian lexicon, Los Angeles, Logogram Publishing, 2006: 195.
[36]John Alan Halloran, Sumerian lexicon, Los Angeles, Logogram Publishing, 2006: 32.
[37] John Alan Halloran, Sumerian lexicon, Los Angeles, Logogram Publishing, 2006: 197.
[38]John Alan Halloran, Sumerian lexicon, Los Angeles, Logogram Publishing, 2006 : 40.